IL SOGNO DI APRIRE UN RISTORANTE....e di non chiuderlo prima di svegliarsi - di R. Collodoro




“Giovannone è il tipo compagnone a tutti i costi che vive in una grigia città industriale del nord e da sempre coltiva il sogno di aprire un ristorante in una località di mare, con clima mite e cielo azzurro come non lo è nella sua città….Frequenta durante le vacanze estive una località di mare, ma di turismo balneare(..)Durante questi soggiorni vacanzieri, due cose gli fanno accendere la lampadina  dei suoi brillanti pensieri:  uno è  quel senso di spensierata sregolatezza che aleggia tra gli abitanti del luogo, l’altro, non meno importante, è che lavorano (divertendosi) per qualche mese d’estate per poi non fare un cazzo tutto il resto dell’anno.
Un giorno, mentre in vacanza si gode l’ultimo sole del tramonto, gli scatta l’idea:” Perché non posso fare anche io la stessa vita?...Se penso che tra una settimana devo tornare in mezzo  a quello schifo che è diventata la mia città, mi viene male: il traffico è insopportabile e da quanto hanno aumentato la ZTL è diventato peggio. Quando rientro, sotto casa, devo fare lo slalom per evitare puttane e tossici. Dove ti giri ti giri vedi extracomunitari sempre ubriachi che non fanno un cazzo e manteniamo noi...C'è poi 'sta storia delle cagate di cane sui marciapiedi, che se un giorno becco lo stronzo che non le raccoglie....ma io mollo tutto e mi apro il mio bel ristorante!".

Quello sopra riportato è un estratto, scelto a fatica tra i tanti che avrebbero meritato pari attenzione, dello spassoso e gustoso libro di Renato Collodoro dal titolo "Il sogno di aprire un ristorante...e di non chiuderlo prima di svegliarsi".

Ma ...  chi è Renato Collodoro??
E come è capitato, questo libretto, tra le mie mani??
Dunque, è andata così: me ne andavo al mattino a spigolare...Naaa, ma che c'entra!! Me ne andavo una mattina del maggio scorso, o meglio un sabato, dalla grigia Torino alla ridente Spotorno, ameno paesino sulla riviera ligure, io e Gabriele, belli tranquilli, spensierati e felici come sempre, quando si lascia la grigia città -per quanto migliorata di molto negli ultimi dieci anni e diventata addirittura  una delle mete turistiche più gettonate - e ci si dirige verso il caro (in tutti i sensi) ponente ligure.
E, come ogni santa volta che imbocchiamo la A6, di cui ormai conosco ogni curva a memoria,  è di rito fermarsi all'autogrill di Priero Ovest, a mangiarci la nostra focaccia calda con frittata e bere Coca Cola. E' il nostro rito, non si va veramente al mare se non ci si ferma al grill di Priero ovest a mangiare il panino con frittata!E a dare un'occhiata ai libri lì venduti, della serie: storia delle Langhe, itinerari enogastronomici dell'entroterra ligure, il porcino questo sconosciuto, dove mangiare bene e spendere poco in Liguria (nel settore "libri comici").e  ....."Il sogno di aprire un ristorante", di tal Renato Collodoro. 
Non è certo la grafica, minimal e senza vezzi,  che mi fa tendere la mano, prendere il libro e sfogliarlo, ma il titolo. Chi è infatti che,amando cucinare e pasticciare -come la sottoscritta- non ha almeno accarezzato una volta l'idea di mollare tutto, mollare il lavoraccio schifo che è costretto a fare chiuso in cattività come polli in batteria, insieme a colleghi insopportabili (sono gentile solo perchè so che alcuni colleghi leggono questo blog"), e non ha detto la tipica frase  "Ah, magari aprire un ristorante, o un bed and breakfast, magari in Liguria, dove il cielo è azzurro e il mare è blu...e poi lavori due mesi l'anno...contando che il mangiare "tira sempre", mangiare bisogna, è l'unico settore che non conosce crisi.."
E quando sfoglio a caso le pagine del libro, ci trovo esattamente questi pensieri, i miei pensieri!! Insieme a mille altri pensieri uno più spassoso dell'altro!
Leggo avidamente! Lì, in piedi, al grill di Priero  Ovest, sulla A6 Torino-Savona, direzione Savona, con in una mano un panino di frittata.
E mi sganascio dalle risate.
Mi viene da ridere fino alle lacrime!
Da tanto non ho letto un libro che mi abbia "commosso" tanto, nel senso che, oltre a  farmi ridere di gusto, riporta anche i pensieri miei ma anche di tanti  altri come me, sogni, luoghi comuni, cretinate sentite in giro e campate in aria,  e riconosco non solo me, ma i miei amici, i miei conoscenti, i discorsi degli sconosciuti afferrati per strada. E tutto detto in un modo da rivoltarsi dal ridere, in modo sagace, ironico, essenziale e senza sbavature.
E mi ci riconosco pure! Quando leggo del "senso di i spensierata sregolatezza che aleggia tra gli abitanti del luogo... che lavorano (divertendosi) per qualche mese d’estate per poi non fare un cazzo tutto il resto dell’anno", e del "lavapiatti che è arrivato stamattina già mezzo ubriaco e il resto lo ha recuperato durante il servizio attaccandosi alla bottiglia di bianco che mi serviva per sfumare il pesce", non posso non riconoscere usi e costumi dell'amata Liguria, che pratico da quasi cinquant'anni (la Liguria, pratico, non gli usi e costumi, purtroppo...o meglio, non ora..;-).
Insomma, compro il libro, oltretutto è accessibilissimo alle mie tasche: non se la tira nemmeno nel prezzo. E lo divoro in meno di un'ora.
Credetemi, sono i dodicivirgolacinquanta euro meglio spesi dell'ultimo anno.
L'autore, in poche pagine, riporta un bestiario di idee, balzane e non, sull'idea di aprire un ristorante da parte di umanità varia che mai ha fatto in vita sua tale mestiere, riportando anche casi concreti di chi il sogno l'ha realizzato ma... non proprio come era nelle intenzioni.  Il tutto presentato come un menù: c'è l'antipasto, i piatti forti e ci sono anche.. i contorni, cioè i clienti, noi, che un ristorante non l'abbiamo (ancora) aperto: il cliente intollerante, l'esclusivo, l'intenditore, il principino (bimbo di quattro o cinque anni per il quale i genitori richiedono sempre cose fuori menù e che accolgono l'arrivo del piatto del pargolo con "esclamazioni di giubilo e stupore tipo "oooohhhhhhhhh", oppure il più americano "Uauuuuuuuuu" come se gli avessero portato un quarto di bue arrosto"),  il buongustaio, l'abitudinario, e   infine c'è anche ...la vocazione. 
Proprio, la vocazione! La "chiamata della padella", come la chiama l'autore! Forse la parte meno ridanciana del libro, ma anche - come per la Commedia di Dante il Paradiso è la parte meno immediata ( Mr. Collodoro, però non ti montare, ora, non ti sto paragonando al divin poeta, è solo una semplice similitudine) -,  la più profonda. 
Con Don Lorenzo, salesiano amico del nostro oste, che, pensando ci siano analogie tra i vari tipi di vocazione, artistica, mistica, o..culinaria, vuole analizzarne i punti in comune: affetti, persone, ambiente, e tutto ciò che influisce su  su questa "chiamata". D'altronde, ci sono chef che si dedicano alla loro vocazione come monaci (e noi ne conosciamo qualcuno, vero?;-). C'è Roberto, con normalissimi studi da tecnico metalmeccanico, per compiacere la famiglia, che da giovane, per sua disgrazia, finisce  per essere assunto, ovviamente, in una fabbrica metalmeccanica, "dove quello che facevi, ti piacesse o no, era per tutta la vita. Orario  regolare, mansioni chiare e semplici", ma...ma lui voleva fare il cuoco. E l'ha fatto, ci è riuscito, perchè quella era la sua chiamata, la chiamata della padella, la sua vocazione.
"E qual è, allora, la tua vocazione?", chiede Don Lorenzo al nostro autore.
L'autore non risponde, è elusivo, replica solo un "lasciamo perdere la mia.."
Forse don Lorenzo si figurava una risposta standard: da una persona che fa il ristoratore, ci si aspetta che abbia la vocazione per tale mestiere, per pentole, fornelli.
Ma io mi sono convinta, leggendo con quale  apparente facilità è stato scritto questo libello e con quale presa immediata ha sul lettore, che la vocazione di Renato, quella vera, fosse  un'altra. 
E voi?


P.S. Per concludere, dico solo che talmente sono stata contenta di aver letto questo libro, che mi ha regalato un paio d'ore di vero divertimento e nel quale mi sono riconosciuta, insieme a tanti che mi corrispondono, da aver chiesto  - e ottenuto - l'amicizia a Renato (ormai siamo amici, no, visto che ho comprato il tuo libro?) su Facebook, per scoprire che 1) ha tra i suoi amici uno dei colleghi di cui sopra, ma tra "the happy few" che sopporto  e 2) che gestisce l'osteria Mezzaluna a Torino, in Via Bertola, proprio dietro a casa mia (ex), dove ho ben mangiato anni fa e dove organizza interessanti serate dove non solo si mangia, ma anche si discute, si pensa o..si sta in silenzio, come nella recente serata del silenzio. 

Forse Renato Collodoro non ha proprio la vocazione del ristoratore, o almeno, non ha solamente quella...

Ah, il libro si può anche scaricare on line, al prezzo onestissimo di 4,99 euro, al sito ilsognodiaprireunristorante.com
Io ve lo consiglio, e non perchè Renato Collodoro sia un mio amico. O meglio, non lo era, prima di aver letto questo libro ;-)