PASTA FROLLA DI GASTON LENOTRE, GIANLUCA FUSTO E MAURIZIO SANTIN




"Una frolla in compagnia, una frolla da soliii,
un totale di tre frolle  e la vita  è tutta quaaaa
la la la laaaa"

Mai parole furono più adatte a una frolla.
A una crostata, per  parlare come mangiamo.
Ma ora si usa dire solo elegantemente "frolla", per indicare in effetti solo il tipo di lavorazione dell'impasto - che è un qualcosa a sè rispetto alla sua utilizzazione - ma che,  in genere,  va a finire comunque in gloria, cioè in crostate, anche se si può utilizzare ovviamente anche per....frollini (bella battuta, eh?), biscotti, torte moderne e chi ne ha più  ne metta di esibizione di conoscenze pasticciere.
Io mi fermo qui. 
Alla crostata. Al massimo, alla frolla.
Che è, assieme alle torte da forno (altro bel termine per indicare le tortone casalinghe morbide), uno dei miei dolci preferiti e che rifaccio più volentieri. 
Non sempre con ottimi risultati.
Anzi, ancora, a volte, mi capitano quelle crostate, ooops, quelle "frolle" , gnecche e dure, da eccessiva manipolazione, che potrebbero essere tirate al nemico.
Ma sono poche, quelle volte, devo essere sincera. 
In genere le crostate mi vengono abbastanza bene, e, facendole abbastanza spesso, mi capita di variare frolle;  così , per provare consistenze più morbide, o più friabili o altro ancora, anche se la preferita tra tutte, devo dirlo, rimane la mia, con uova intere - che danno una frolla meno compatta, più areata grazie all'aria degli albumi,  e zucchero semolato (idem) e non a velo. E un pizzico di lievito, ebbene sì, lo ammetto!
Ma ne ho provate tante, di tanti pasticceri diversi: di Knam, di De Riso, di Montersino -immancabile- di Donna Hay, di Aresu e tante tante altre che nemmeno ricordo più.
Normale che abbia provato quella di Santin, dopo aver comprato un suo libro.
E leggo il procedimento: lavorare in planetaria metà della farina con tutti gli altri ingredienti, poi, quando si sarà formato un impasto omogeneo, mettere l'altra metà di farina fino ad avere nuovamente un impasto omogeneo...
uhm......
Strano procedimento...
mi ricorda qualcosa...
eppure...eppure...
l'ho già sentito...uhm...penso..penso...
E trovo!
Chiappo il mio regalo di Natale auto-fattomi, il libro "Crostate" di Gianluca Fusto, un'opera d'arte sotto forma di libro di pasticcerie, con foto di gioielli, letteralmente, che manco in oreficeria sareste capaci di trovare,  e cerco. 
Cerco. ...
Cosa , non so, esattamente, ma cerco.
E trovo.
Trovo, nelle pagine iniziali, una pagina completamente e solamente dedicata a questo argomento, cioè a questa inconsueta lavorazione della frolla! Ed ha pure un titolo, codesta pagina:  "Analizziamo la ricetta...grazie a Gaston Lenotre"!
Ricordavo bene!
Leggo avidamente le parole di Fusto, che riporto fedelmente:
"(...) voglio presentarvi in questa mia opera una ricetta della pasta sablée in una versione che si ispira a uno dei padri della pasticceria mondiale, il grande Gaston Lenotre: Ho scoperto la sua ricetta  durante la mia permanenza all'Ercole du Grand Chocolat di Tain - L'Hermitage nel lontano 1996 e da allora me ne sono innamorato. Del suo modus operandi  mi ha subito incuriosito la preparazione (con la farina messa in due tempi diversi), gli ingredienti (la presenza della mandorla), insomma, questo modo diverso, quasi strano di procedere. Ma alla fine...eccola! Una pasta sablée profumata, delicata, friabile.....
La mia interpretazione prevede che il burro sia scaldato tra i 22e i 24 °. Dovrà poi essere lavorato in planetaria munita di foglia con le uova e lo zucchero, precedentemente setacciato insieme alla farina di mandorla. La farina di mandorla non ha un ruolo a livello gustativo: i grassi presenti servono a modificare il punto di fusione del burro, per ottenere un taglio netto della pasta frolla. Andremo quindi a unire la prima quantità di farina, in modo da reidtratare completamente l'acqua (di uova e burro) all'interno dell'impasto. Una volta omogeneo, andremo ad aggiungere la restante farina all'impasto, cercando di lavorarlo il meno possibile per evitare la formazione del glutine.
Bisogna poi procedere ad una corretta conservazione in frigorifero per  almeno 12 ore a 4° C...."
Tombola!
Oh, ma...è sputata a quella...."di Santin" (ehm...)!
Cioè, i punti uguali uguali sono:
1) immissione della farina in due tempi, facendo ogni volta risultare un impasto omogeneo
2) presenza di una piccola quantità di farina di mandorle
3) riposo in frigo per almeno 12 ore a 4° C
Precisi precisi. 
Non può essere un caso.
E' ovvio che stiamo parlando della stessa ricetta.
E' ovvio che Santin, che ha più volte dichiarato di aver mosso i suoi primi passi proprio presso il maestro  Gaston Lenotre, sia stato, diciamo  così ,"influenzato" dal grande maestro, per quanto non citato direttamente nella ricetta.
Ancor più chiaro che Gianluca Fusto lo scriva invece a chiare lettere, nel suo libro, dedicando addirittura un intero capitolo all'argomento ed all'ideatore dell'innovativo metedo di impasto.
Appurato quindi che se la frolla di Santin   è uguale come metodo a quella di Fusto, e che quella di Fusto, per sua stessa dichiarazione, è quella da lui appresa da  Lenotre, allora - per la nota proprietà transitiva di elementari e matematiche memorie  in base a cui se A= B e B= C, allora A=C -    allora, dicevo,  possiamo praticamente dire che la frolla di Santin è praticamente quella di Lenotre, passando per Fusto; la sola differenza, a parte variazioni minime nel quantitativo degli ingredienti (quella di Santin ha troppo poco zucchero, per i miei gusti), è che Fusto lo dice a chiare lettere,  dichiara la fonte della sua ispirazione. 
Altri, no.
E  quindi, secondo voi, a chi si  è ispirata la sottoscritta, per provare questa intrigante ed innovativa crostata???

PASTA FROLLA DI GIANLUCA FUSTO

Ah, no, fermi tutti,  dimenticavo...
Giusto per  chiarezza: ho fatto anche la frolla di, Santin: per  il mio gusto, e quindi per quel che vale (cioè nulla),  sa di poco:  non amo i dolci troppo dolci, non vanno nemmeno di moda e fa figo dirlo, e per me è anche un po' vero,  ma non gradisco nemmeno quelli troppo "neutri" Ed è questo il caso. Per il mio gusto, ovviamente.

N.B: ma due notizie su 'sta frolla, le vogliamo dire?
E' di una bontà unica, non sembra nemmeno una frolla: innanzi tutto è morbida, pur conservando la sua struttura di frolla, ma accarezza piacevolmente il palato: morbida, vellutata, con un profumo ed un sapore di burro che si scioglie in bocca.  
Veramente, ho trovato una degna concorrente della..mia frolla! ;-))) 

Bravo Lenotre, per questa ricetta, e grazie, Fusto, per la tua correttezza.

Ed ora, e questa volta sul serio...



PASTA FROLLA DI GIANLUCA FUSTO
....ringraziando Gaston Lenotre.

Ingredienti  (in  nero gli ingredienti originali riportati da Fusto. Tra parentesi, invece, ed evidenziate in blu, le dosi per una crostata per uno stampo di circa 245 cm di diametro, con 250 gr di farina totale e un uovo intero. Le dosi sono  ottenute dalla divisione della farina di 250 gr  -il quantititativo che volevo utilzzare io - sul totale di Fusto di 669 gr e ottenendo il  moltiplicatore 0,37369 per cui ho moltiplicato tutti gli altri ingredienti. Utilizzate lo stesso procedimento se volete utilizzare una dose diversa, ad ex. maggiore,  di farina, per ottenere una crostata più spessa o con decorazioni varie e che quindi necessita di più impasto: a me, le dosi ottenute sono bastate per foderare sottilmente uno stampo da crostata da 24 senza alcuna striscia):

farina debole: 171 gr all'inizio, pari al 25% del totale (io 60 gr) e 498 (io 190) in un secondo tempo.
342 gr burro morbido a 22 ° C circa (io 125 gr); si può rendere più morbido qualche secondo al micro: non deve essere fuso).
256 gr zucchero a velo (io 95 gr)
85 gr farina di mandorle (io 30 gr)
142 gr uova intere (io 50 gr, pari a 1 uovo)
mezzo baccello di vaniglia
un pizzico di fior di sale o sale

se si vuole una pasta più friabile, sostituire allo zucchero a velo lo zucchero semolato.

Esecuzione.
Ammorbidire il burro a 25° C.
Aggiungere le uova, lo zucchero a velo e la farina di mandorle in planetaria munita di foglia. Amalgamare  e legare il tutto con la prima quantità di farina. Amalgamare ancora e aggiungere gradualmente il resto della farina, sempre mescolando in planetaria. 
Far riposare in frigorifero a 4° C per almeno 12 ore (in alcune preparazioni Fusto indica anche solo 3 ore)
Stendere poi l'impasto, foderare uno stampo da crostata di 22/24 cm di diametro allo spessore di 4 mm circa, bucherellare con una forchetta (mia aggiunta)  e far riposare nuovamente circa 15 minuti in frigorifero.
Coprire con 300 gr circa di marmellata a piacere (mia aggiunta)

Cuocere in forno ventilato a 160° C.  per circa  20 minuti (o comunque fino a coloritura)

p.s.: le voci "mia aggiunta" indicano qualcosa non presente nella ricetta originale: i libri così ...avanzati, così tecnici,  danno indicazioni diverse da quelle a cui siamo abituati, o almeno io, e quindi  ho integrato le parti  che ritenevo opportune, senza però snaturare la ricetta originale, sempre riconoscibile.