ZUPPA DI LENTICCHIE E QUINOA CON NOCI ED ERBETTE…e il francese maccheronico!




Che mica si possono sempre mangiare dolci!
Che mica si può sempre parlare francese!
Che ormai è diventato una moda dilagante, con l'avvento della passione per la pasticceria, mettersi a (s)parlare francese.
Ne ho sentite, o meglio lette, di tutti i colori.
Gente che declina Béchamel al femminile, attingendo a confusi ricordi delle scuole  medie, e facendo diventare il famoso marchese " de Béchamel" in "de Béchamelle": visto che la salsa è di genere femminile, lo dovrà essere pure il marchese, avran pensato. E però,  dopo tanto sfoggio di lingua francese, dimenticano di mettere l'accento sulle prima "e", finale di sillaba, accento senza il quale, in francese, la "E" è muta, e quindi dovremmo pronunciare "B-chamel, senza la e!
E non è la sola cosa: c'è gente che si ostina a dire crema "caramelle", e anche qui stessa storia: visto che la crema è femminile, decliniamo anche l'aggettivo al femminile, facendo diventare la crema al caramello, o crema caramello, in una..crema caramella!
Ci sono poi quelli meno pretenziosi, che invece il femminile, invece di declinarselo ed inventarselo per i conti propri, fanno che levarlo, e via: gente spartana, poche balle, che non sta lì a distinguere se una pasta è  "sablée" e senza tante storie levano la seconda "e" finale, indice di aggettivo al femminile. Sulla pasta sablée bretonne, poi bisognerebbe scrivere un trattato: se parliamo infatti della pasta, allora, dovremmo dire la "sablée bretonne, cioè declinare entrambi gli aggettivi al femminile, se invece parliamo del biscotto,  al maschile in francese come in italiano, allora avremo un sablé breton…quanto basta per scatenare un vespaio di strafalcioni!
Bellissima è poi "la" sac à poche":  leggo, dal dizionario francese: m.s., che non è una nota marca di sigarette, ma sta a significare maschile, singolare. Quindi IL sac à poche, e non la LA sac à poche! Ma si sa…la sac à poche  è nota parente de "LA" cucchiaia, e quindi siamo clementi. Che poi i francesi manco dicono sac à poche, ma dicono  poche à douille. Vabbè, finezze, "non sta a guardà el capello", direbbe un mio amico fiorentino.
E via di questo passo, in un crescendo di strafalcioni franco-maccheronici che farebbero inorridire uno scolaretto di prima media.
Gente, ma se non sapete il francese, perché lo volete assolutamente parlare, o peggio, per di più, scrivere, pure?? E lasciate perdere, non sarete né più colti né più intelligenti né più raffinati per quelle quattro parole in croce che avrete imbroccato giuste, anzi, sarete derise per quelle migliaia di parole in croce che invece avete cannato.
E in questa rovina del francese, viene trascinato anche il cugino piemontese, forse per le radici comuni?
Chi scrive, cioè io, è per metà langarola e metà siciliana, e la metà langarola, in casa, dai parenti, ha sempre mangiato  gli agnolotti. "Mangiuma dui raviole" (traduzione: mangiamo due agnolotti!). E mai, mai nessuno si è sognato di traudurre in italiano, dal piemontese, il termine dialettale "raviole" esattamente con "raviole" in italiano. La traduzione delle "raviole" langarole..sono gli agnolotti!!! E non le "raviole", queste sconosciute, o perlomeno ai langaroli doc! D'altronde, quando traduciamo "le tumatiche", femminili in dialetto, quando traduciamo in italiano parliamo di….pomodori, genere maschile, mica con "le pomodora"! E così per gli agnolotti: "le raviole" in piemontese, "gli agnolotti" in italiano: altro che  raviole  e raviole (il termine "i ravioli" poi, manco lo considero: così li chiamano dal basso Piemonte in giù, a iniziare dalla Liguria e ancor prima dall'Alessandrino). Eppure, il blog è pieno zeppo, infarcito, straboccante di siti e blog in cui si parla "delle raviole" in italiano, invece che del corretto "gnolotti,"  siti trascinati in questa rovina linguistica da alcuni blog/siti capopilota che comandano truppe e frotte di bloggers ubbidienti, vera carne da macello  per la popolarità e visibilità di pochi.
Insomma, tra francese e piemontese  è un vero disastro, una rovina, una débâcle, per farla breve.
Ma allora, allora, perché incaponirsi con questo francese maccheronico?
Lasciate perdere la soupe d'oignon e pensate a se sareste poi così entusiasti di mangiare in fondo una…zuppa di cipolle (bleah!!). Meglio una zuppa di lenticchie, no? Una nostrana, cara, rassicurante zuppa di lenticchie. E se proprio volete fare i colti, gli esterofili, i raffinati, ficcateci, come me, un po' di quinoa!
Si scrive Quinoa e si pronuncia, in spagnolo, essendo una pianta sudamericana,  quìnoa, o quinua, molto semplicemente. 
Troppo semplice?
Ma d'altronde, meglio uno spagnolo corretto che un francese sgrammaticato!
O anche…meglio una zuppa di lenticchie e quinoa ben fatta che un éclair mal riuscito (e mal scritto)! ;-)

Detto ciò , parliamo della zuppa.
E' veramente buona, non immaginavo: la quinoa, un cereale che non ho capito bene se è veramente un cereale o uno spinacio, ha un gusto abbastanza neutro che ricorda un po' la mandorla. In più è farinosa. Quindi, in questa zuppa, la patata non sarebbe nemmeno necessaria, in quanto essendo sia le lenticchie sia la quinoa entrambi farinacei, la zuppa viene già molto consistente senza bisogno di patate. A me, però, che piace la consistenza tipo "budino", la mezza patata è andata più che bene, e ho ottenuto il risultato che vedete in foto.
E il litro e mezzo di acqua, ci va tutto: all'inizio sembra tanto, ma mentre cuoce, e soprattutto dopo aver frullato in parte la zuppa, i due farinacei lo assorbono quasi tutto, e potrebbe anzi capitare di doverne aggiungere ancora. Ad ogni modo, negli ultimi minuti di cottura senza coperchio, potrete raggiungere la consistenza desiderata.
In compenso, ci sarebbero state bene, e purtroppo non avevo, delle coste da mettere nello stesso momento delle lenticchie (come potete vedere qui) come in ogni zuppa di lenticchie che si rispetti, o almeno a casa  mia. Quindi provate anche la versione senza patata e con le coste (due o tre grosse foglie).  
E fatemi sapere..-)



ZUPPA DI LENTICCHIE E QUINOA CON NOCI E TIMO FRESCO


Ingredienti (per 3 porzioni abbondanti)

80 gr lenticchie di Castelluccio
5 cucchiai di quinoa (circa 50 gr)
uno spicchio d'aglio
timo e rosmarino freschi, origano
olio extravergine di oliva
sale
4 noci 
facoltativo: mezza patata
2 o 3 foglie di biete da taglio (coste) sia parte bianca che verde, a pezzi.

Esecuzione: in una pentola, far soffriggere l'aglio con l'olio, il timo e il rosmarino, tenendone da parte dei rametti da aggiungere alla fine. Mettere poi le lenticchie (e, se volete, anche la mezza patata a pezzi oppure le biete da taglio a grossi a pezzi)  e coprire con circa 1,5 litri di acqua (l'acqua dovrà sovrastare le lenticchie di circa 5 dita). NON salare (il sale va aggiunto a fine cottura, altrimenti i legumi rimangono duri).  Far cuocere a fuoco leggero e coperto quasi del tutto per circa 25 minuti.A circa metà cottura, cioè dopo circa 25 minuti dall'ebollizione, aggiungere la quinoa e continuare  a far cuocere per altri 25 minuti : in tutto la cottura dovà essere di circa 50 minuti, ma la quinoa cuoce prima delle lenticchie, di conseguenza andrà inserita a metà cottura.
Nell'ultimo quarto d'ora di cottura, passare parte della zuppa al minipimer, non frullando però completamente, e rimettere sul fuoco,  a questo punto scoperto, aggiungendo,  solo ora  un cucchiaio raso di sale grosso (iniziare con metà poi aggiungere secondo il proprio gusto).
Terminata al cottura, impiattare e spolverizzare con foglioline di timo fresco e un giro di olio extravergine di oliva a crudo. NOn omettere il timo fresco perché sarà quello che dà un tocco in più alla zuppa. Tritare poi grossolanamente qualche gheriglio di noce e spolverizzare nei piatti.
Servire tiepido.